Art. 663 – Mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato

Tag 24 Agosto 2019  |
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Testo normativo dell’art. 663 cpc

(1) Se l’intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l’apposizione su di essa della formula esecutiva; ma il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore.

(2) Nel caso che l’intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto dopo trenta giorni dalla data della apposizione.

(3) Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tal caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione.

Convalida dello sfratto

Ai sensi dell’articolo 663 cpc, per evitare la convalida dello sfratto è necessario che il convenuto si presenti in udienza e proponga relativa opposizione.

Le condizioni suddette sono entrambe necessarie. La giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che la mera costituzione in giudizio del convenuto non comporta impedimento alla convalida dello sfratto.

Con la convalida il Giudice emette un ordinanza con cui si conferma la licenza o lo sfratto intimato. La predetta ordinanza viene redatta in calce all’originale dell’atto di citazione e successivamente munita di formula esecutiva.

In merito il legislatore ha previsto una garanzia a favore dell’intimato non comparso, prevedendo al secondo comma che in tal caso la formula esecutiva ha effetto solo decorsi giorni 30 dalla sua apposizione.

La rigidità della procedura comporta che in seno alla prima udienza di convalida il Giudice sarà tenuto a decidere se emettere o meno il provvedimento di convalida. In tal senso non sono possibili rinvii di udienza finalizzati a consentire alla parte (correttamente citata) di partecipare all’udienza.

L’ordinanza di convalida

L’ordinanza di convalida dello sfratto comporta la risoluzione del contratto di locazione ed il rilascio dell’immobile. Diversamente, salvo non venga richiesta contestualmente, rimane aperta la questione relativa al pagamento dei canoni arretrati sul quale è possibile avviare un giudizio separato.

Pertanto ed al contrario, laddove all’interno del giudizio di convalida sia stato proposto anche il ricorso per l’ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti, il provvedimento può assumere l’efficacia di cosa giudicata sulle somme dovute al locatore.

Il provvedimento di convalida è di regola opponibile solo tramite l’opposizione tardiva prevista dall’art. 668 cpc. La giurisprudenza afferma inoltre che, laddove il provvedimento sia stato emesse in carenza dei presupposti di legge, l’ordinanza medesima assume natura decisoria ed è assimilabile ad una sentenza. In tal caso la predetta ordinanza è impugnabile tramite appello (non è invece ricorribile tramite ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost.).

In merito si riporta la sentenza della Cassazione n. 5308/1195:

L’ordinanza di convalida di licenza o di sfratto emessa dal pretore ai sensi dell’art. 663 c.p.c. è subordinata al duplice presupposto della presenza del conduttore all’udienza fissata in citazione e della mancanza di eccezioni o difese da parte del conduttore, ovvero della sua assenza, cosicché il provvedimento illegittimamente pronunciato in difetto di uno o di entrambi i presupposti menzionati, ancorché emesso nella forma dell’ordinanza, assume natura di sentenza, che ove non ricorrano le condizioni previste per l’opposizione di cui all’art. 668 c.p.c., è soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione. Nel concorso, invece, dei presupposti di legge, il provvedimento ha natura e forma di ordinanza, avverso la quale non sono esperibili i mezzi di impugnazione stabiliti per le sentenze.

Si evidenzia che una volta che il Giudice ha emesso il provvedimento di convalida, preclusa la possibilità  di proporre opposizione tardiva ex art. 668 cpc (e salvo quanto detto per l’appello), lo stesso avrà efficacia di giudicata per il rilascio dell’immobile e risoluzione del contratto.

La dichiarazione della persistenza della morosità

In caso di sfratto per morosità, il locatore (o il suo procuratore) dovrà dichiarare in udienza che la morosità persiste al fine di poter ottenere la relativo convalida dello sfratto.

È importante osservare che l’attestazione è da riferirsi ai soli canoni indicati nell’intimazione di sfratto e non quelli successivi. In altri termini se il conduttore provvede a pagare i canoni insoluti, in sede di convalida, il locatore non può richiedere la stessa lamentando il mancato pagamento dei canoni successivi all’intimazione.

 

NOTA BENE

La Cassazione con sentenza 17738/2002 afferma che la persistenza della morosità non ricomprende neanche gli interessi di mora e le spese legali. In altri termini secondo la Suprema Corte se il conduttore provvede al pagamento dei canoni insoluti, senza pagare gli interessi e le spese, il Giudice non potrà emettere la convalida venendo meno il presupposto della persistenza della morosità.

In tal caso il Giudice emetterà però l’ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., disponendo, ai sensi dell’art. 667 c.p.c., per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito speciale (previo mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c.) in ordine agli interessi legali e alle spese di giudizio.

 

Se il Giudice emette l’ordinanza di convalida senza la dichiarazione di persistenza della morosità, l’atto è appellabile.

Nella pratica difficilmente il Giudice richiede di prestare la cauzione prevista dall’ultimo comma.

Dichiarazione di persistenza della morosità falsa

Il Giudice non è tenuto a verificare la veridicità di quanto affermato dal locatore. Pertanto se in sede di udienza di convalida lo stesso, sebbene falsamente, dichiarerà che la morosità persiste, il Giudice stante la mancata partecipazione o opposizione da parte del convenuto è tenuto a pronunciare l’ordinanza di convalida.

Peraltro l’eventuale falsità della dichiarazione di persistenza della morosità non consente di utilizzare avverso il provvedimento di convalida dello sfratto i mezzi ordinari d’impugnazione previsti per le sentenze (salva la revocazione ex art. 395, n. 1 c.p.c., a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 1995). Il convenuto potrà agire con separato giudizio solo al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

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