Risarcimento di 235.000 euro per colpa medica

Tag 13 Febbraio 2020  |
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Il Rizzoli e il Policlinico Sant’Orsola Malpighi risarciscono il paziente

La paziente veniva ricoverata presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli per un intervento di Artroprotesi di rivestimento per osteonecrosi testa femore sinistro e successivamente veniva sottoposta ad intervento di laparotomia esplorativa e legatura della vena iliaca dai sanitari dell’Ospedale Sant’Orsola convenzionato con il Rizzoli e veniva quindi ricoverata presso l’ospedale Sant’Orsola per laparotomia esplorativa; veniva sottoposta a terapia anticoagulante a tempo indeterminato e le veniva prescritta la necessità di calza elastica antitrombosi.

la responsabilità professionale del medico

Va premesso che: a) la responsabilità professionale del medico – ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all’illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell’intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenere il necessario consenso informato- ha natura contrattuale, con la conseguenza che, a fronte dell’allegazione, da parte del paziente, dell’inadempimento dell’obbligo di informazione, è il medico gravato dall’onere della prova di avere adempiuto tale obbligazione (cfr. Cass. 2857/2010; nel medesimo senso, in tema di onere della prova nei giudizi di risarcimento danni causato da attività medica , Cass. 17143/2012); b) il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi d’urgenza o si tratti di un intervento sanitario obbligatorio, tale consenso è talmente inderogabile che non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, il fatto che l’intervento “absque pacis” sia stato effettuato in modo corretto, per la semplice ragione che, a causa del “deficit” di informazione il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento con una volontà consapevole, consumandosi nei sui confronti comunque una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica (cfr. Cass. 16543/2011; Cass. 5444/2006).

La prova relativa incombe sul sanitario convenuto e tale prova non può ritenersi raggiunta attraverso la mera produzione del modulo del consenso firmato, proprio in quanto, vista la delicatezza della materia, il consenso deve essere attuale e parametrato allo specifico e concreto intervento da eseguire. Tale prova non è stata fornita.

Deve pertanto riconoscersi, come voce autonoma di risarcimento del danno non patrimoniale da liquidarsi necessariamente in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. a parte attrice l’importo di Euro 5.000,00 valore all’attualità.

Orbene dalla consulenza tecnica d’ufficio è innanzi tutto emerso che, a seguito dell’intervento di artroplastica “metal on metal”, complicatosi nelle ore successive con un quadro di shock emorragico per lacerazione della vena iliaca esterna, conseguente al posizionamento di viti fissaggio delle componenti protesiche, la signora veniva sottoposta ad un intervento di legatura della vena sopracitata, durante il quale era lasciato nel campo operatorio un tampone di garza che richiedeva ulteriore intervento di revisione. Tale condotta ha reso difatti, necessario il suddetto terzo intervento, causando così, un ulteriore e potenziale pericolo per la paziente inteso in termini di aumento di rischio di sviluppo di sepsi, sia di rischio insito in ogni intervento chirurgico, sia il prolungamento dell’allettamento. Ciò premesso, ha precisato al riguardo il consulente d’ufficio che possa essere riconosciuto un danno biologico sostenuto dagli esiti cicatriziali di duplice laparatomia mediana, diastasata nella porzione inferiore, ed esiti di protesizzazione di anca con parziale compromissione dell’efficienza deambulatoria ed alterazione del circolo venoso. Peraltro, gravitando la fattispecie nell’orbita della responsabilità contrattuale, gli Istituti, a fronte dell’accertata idoneità della condotta colposa alla produzione dell’evento, avrebbe dovuto fornire la prova positiva della causa non imputabile e cioè di un fatto sufficientemente certo che inequivocabilmente escluda in radice il nesso eziologico, prova che nella fattispecie non è stata data. La responsabilità degli Istituti è acclarata ai sensi dell’art. 1228 c.c.

Quantificazione del danno

Sulla base delle risultanze, il suddetto consulente ha determinato nella misura del 30% i postumi permanenti conseguenti all’accertata  colpa   medica. Tenuto conto delle tabelle elaborate per l’anno 2011 dal Tribunale di Milano (in cui, in applicazione del revirement delle Sezioni Unite di cui alla sentenza 26972del 2008, si prevede una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a “lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico – legale” e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore” e “sofferenza soggettiva” in via di presunzione), nonché della necessità di personalizzazione del danno, in considerazione delle ripercussione dell’utilizzo della calza elastica antitrombo e della sua giovane età e degli innegabili riflessi negativi sulla psiche e nella vita di relazione, pare equo liquidare il complessivo danno non patrimoniale subito da S.L. (danno biologico e danno morale soggettivo) in Euro 200.787,75 (percentuale d’invalidità del 30%, sulla base dell’età (29 anni) della danneggiata all’epoca del fatto, ed aumentando il valore così ottenuto della percentuale massima del 29% prevista dalle citate tabelle al fine della personalizzazione del danno non patrimoniale).

Il suddetto importo, essendo stato liquidato con riferimento all’attualità, non deve essere ulteriormente rivalutato (con la sentenza il credito da risarcimento diviene liquido ed esigibile, ed il correlativo debito si converte in debito di valuta: cfr. Cass. 20 marzo 2001 n. 3996).

All’attrice deve essere riconosciuto anche il danno patrimoniale per spese sanitarie, nella documentata misura di Euro 9.000,00. Su detta somma liquidata a titolo di risarcimento del danno patrimoniale (espresso in termini monetari non attuali) competono la rivalutazione monetaria, da calcolare secondo gli indici ISTAT dalla data intermedia degli esborsi (30.6.2007) così per complessivi Euro 11.373,74, all’attualità.

Non possono essere liquidati in favore dell’attrice gli ulteriori danni conseguenti alla diminuzione del reddito e alla perdita di chance in difetto di specifica prova, e tali danni non sembrano ravvisabile presuntivamente in caso di lesioni, come nella fattispecie, non gravemente invalidanti.

Infine, su tutte le somme liquidate per complessivi Euro. 217.161,49 compete anche il danno provocato dal ritardato pagamento del risarcimento, da considerarsi provato presuntivamente e valutato equitativamente nella misura annua del 2,5 %, quale media del tasso legale scelto in questi ultimi anni dal legislatore per la liquidazione degli interessi moratori, e da calcolarsi da data intermedia tra il fatto e la presente sentenza (cfr. Cass. 10565/02), e cioè dal 30.6.2010, per un importo di Euro. 235.739,21, sulla quale dalla data della sentenza al saldo spetteranno gli interessi legali ai sensi dell’art.1282 ce, in quanto convertitasi in debito di valuta.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Pone definitivamente a carico di tutte le parti costituite le spese di ctu.

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