Analisi Legale: Responsabilità Medica e Risarcimento del Danno Biologico

Sommario

Nel contesto di una recente sentenza di appello, si analizza la responsabilità professionale di un chirurgo estetico accusato di aver aggravato una preesistente difficoltà respiratoria in un intervento di rinosettoplastica.

Questo caso offre l’opportunità di approfondire aspetti chiave legati alla responsabilità contrattuale e al risarcimento del danno biologico e morale.

Contesto della Sentenza

Con atto di citazione in appello, la sig.ra M.O. impugnava la sentenza del Tribunale di Bologna (n. 4699/03) per il mancato riconoscimento del danno biologico e danno morale.

Pur riconoscendo l’esistenza di un danno patrimoniale, il tribunale aveva limitato il risarcimento alla sola spesa per un nuovo intervento chirurgico di correzione.

L’appellante lamentava la mancata considerazione del danno permanente, valutato dal CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio), e delle conseguenze psicologiche dell’errore medico.

A suo avviso, l’errato intervento aveva compromesso le capacità di svolgere attività quotidiane e relazionarsi socialmente.

È importante notare che il danno biologico e il danno morale sono concetti distinti, ma collegati.

Il danno biologico riguarda la lesione dell’integrità psico-fisica della persona, mentre il danno morale comprende la sofferenza psicologica causata dal fatto illecito.

Entrambi sono suscettibili di risarcimento, ma devono essere attentamente valutati per evitare duplicazioni nei risarcimenti.

Responsabilità Professionale del Chirurgo Estetico

Il chirurgo P.P. ha presentato un appello incidentale, sostenendo che l’intervento aveva correttamente risolto l’aspetto estetico del naso, mentre l’aggravamento della difficoltà respiratoria era da attribuirsi a fattori preesistenti, non a un errore nella procedura chirurgica.

Il concetto di responsabilità medica si basa su due elementi essenziali: il nesso causale tra l’operato del medico e il danno subito, e la colpa o negligenza nell’esecuzione della prestazione sanitaria.

Secondo la giurisprudenza consolidata, in casi di responsabilità contrattuale spetta al danneggiato dimostrare l’esistenza del contratto e l’aggravamento del danno, mentre è onere del medico provare di aver agito con la dovuta diligenza e che il danno non fosse evitabile.

Nel caso in questione, il CTU ha confermato che l’intervento chirurgico aveva effettivamente aggravato il difetto funzionale preesistente.

Il principio di colpa medica è stato quindi applicato, condannando il chirurgo al risarcimento del danno biologico permanente subito dalla paziente.

Risarcimento del Danno Biologico e Morale

Uno degli aspetti più interessanti di questo caso riguarda la quantificazione del danno biologico.

Secondo le tabelle del Tribunale di Milano, un’invalidità permanente del 5% per una persona di 42 anni, come la sig.ra M.O., comporta un risarcimento di circa €8.334,00.

Tuttavia, in presenza di ulteriori sofferenze morali, la Corte ha ritenuto opportuno aumentare tale importo di un terzo, portando la somma complessiva a €11.112,00.

La Corte ha sottolineato come la personalizzazione del danno sia essenziale per valutare le sofferenze psicologiche e fisiche subite dalla persona lesi.

In questo caso, il danno biologico è stato ampliato per includere anche il danno relazionale e gli effetti negativi sulla vita quotidiana della paziente.

È quindi importante, in casi simili, valutare l’insieme delle ripercussioni psicofisiche e sociali sulla vittima, affinché il risarcimento sia adeguato e completo.

Onere della Prova e Nesso Causale nella Responsabilità Contrattuale

La Corte ha applicato i principi consolidati in materia di responsabilità medica e nesso di causalità.

In particolare, si è fatto riferimento all’art. 1218 c.c., che pone in capo al medico l’onere di dimostrare che il danno subito dal paziente non sia stato causato da negligenza o imperizia.

Una volta accertato il nesso causale tra l’intervento chirurgico e l’aggravamento del difetto funzionale, il medico deve dimostrare che tale evento era imprevedibile e non evitabile.

In assenza di tale prova, la responsabilità viene presunta, come avvenuto in questo caso.

Questo principio è particolarmente rilevante per i professionisti sanitari, i quali devono operare con un alto grado di diligenza, soprattutto in ambito estetico, dove le aspettative dei pazienti sono spesso elevate e il margine di errore ridotto.

Conclusioni della Corte

In conclusione, la Corte d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, condannando il chirurgo P.P. al risarcimento del danno biologico e morale subito da M.O., per un totale di €11.112,00.

Tale importo è stato inoltre soggetto a rivalutazione monetaria e agli interessi legali calcolati dal 1991, anno dell’intervento, fino al saldo.

Questo caso evidenzia l’importanza di un’adeguata valutazione dei danni nelle cause di responsabilità medica, soprattutto quando si tratta di interventi estetici.

La giurisprudenza conferma la necessità di dimostrare il nesso causale tra l’intervento e il danno subito, e di quantificare con precisione il danno biologico, tenendo conto anche delle sofferenze morali e psicologiche derivate dall’evento dannoso.

Fonti e Giurisprudenza

  • Art. 1218 c.c. – Responsabilità del debitore
  • Art. 2059 c.c. – Risarcimento del danno non patrimoniale
  • Sentenza Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 26972/2008
  • Sentenza Corte di Cassazione, S.U., n. 1712/1995
  • Tribunale di Milano – Tabelle di liquidazione del danno biologico

 

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